Carri cantieri cave
un cognome operaio

Nelle parlate venete e lombarde,  "balanzin" identifica oggetti tra loro  differenti: parte della struttura di un carro trainato da cavalli, un verricello per sollevare o calare oggetti tra piani diversi in un cantiere edile, uno strumento impiegato nelle cave. Ne esistono anche altri chiamati ugualmente balanzin ma, in ogni caso, tutti identificano strumenti di lavoro.  Il cognome è probabilmente legato al loro uso...

In tutto il mondo i Balanzin (con il cognome scritto a questo modo) sono pochi. È un cognome raro. In Italia, la maggior parte di coloro che lo portano vive al nord, pochi al centro, nessuno al sud. Almeno, questo dicono i dati a disposizione.

Nostro padre era un artigiano abilissimo. Ormai in pensione, a memoria aveva costruito in perfetta scala un carro di quelli che da ragazzo aveva imparato a conoscere. Lo aveva costruito senza spendere un centesimo, utilizzando solo materiale che aveva a disposizione. I ritagli di legno venivano dalla cantina; il metallo per cerchiare le ruote da un vecchio barattolo in lamiera, tagliato a strisce. Aveva trasformato chiodi, viti ed anche parti di tasselli a pressione ricavandone ciò che serviva a costruire i mozzi, le manovelle che comandano i freni, i passanti che tengono i ritti delle spondine. Per la catenella ottonata era debitore a nostra mamma.

Il tono è dato da olio di lino; il colore rosso, da una vernice rimasta in fondo al barattolo da un precedente lavoro, ma che corrisponde esattamente, per gradazione, a quella che ricordava, andando con la memoria alla metà degli anni venti (del secolo scorso: tra poco, cent'anni). Un accessorio del carro, perché non andasse perso, papà lo aveva assicurato, tramite l’anello posto al centro, ad uno dei due gancetti che aveva avvitato alla parte anteriore del carro, proprio sopra le ruote. Parlando a voce bassissima, come se rivelasse un segreto, tenendolo stretto tra indice el pollice, come un fiammifero, aveva sussurrato: “... e questo è il balanzin”. Il balanzin di Balanzin è quel legnetto che vedete nella foto in basso a destra. È una parte del traino.

La famiglia di papà veniva dalla zona di Vicenza. Da un paesino della pedemontana. Da quei luoghi, in un tempo che non sapeva collocare, la sua gente si era trasferita, contadina, in Istria; lì, in una casa  che guardava la vallata, era nato lui; dall’Istria erano sfollati in Italia, profughi, dopo la seconda guerra mondiale.

Esistono anche altri congegni che si chiamano balanzin: in alcuni dialetti della Lombardia e del Piemonte, balanzin identifica un marchingegno a pulegge (se ho ben capito, ma non garantisco) equipaggiato con due cesti o cassoni. Nei piccoli cantieri edili serve a sollevare, per mezzo di funi, un qualunque carico per farlo salire fino a chi lavora più in alto. Ed in un altro dialetto (sempre lombardo) pare identifichi uno strumento utilizzato da chi lavora nelle cave. Dico pare, perché ho trovato una spiegazione redatta soltanto nel dialetto in questione. Impenetrabile, per me. Però, se qualcuno è ferrato nell’uso e comprensione del cusiano, parlata in uso nella zona del lago d’Orta, può leggere qui.

La maggior concentrazione di Balanzin, in Italia, si conta in Friuli Venezia Giulia ed in particolare a Trieste. Poi nel Veneto. Qualche unità anche in Lombardia, Piemonte, Toscana, Lazio, Romagna.

Quelli di Romagna li conoscevamo bene: la nostra famiglia. Mamma veniva dallo stesso paese di papà. Adesso, riposano fianco a fianco in un cimitero di campagna che guarda le colline. Così simili a quelle, infinitamente lontane, tra le quali erano nati.

 

Cookie Policy
Privacy Policy
Balanzin | Viaggi tra le righe

testi ed immagini © Balanzin / Viaggi tra le righe

Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.